Umanità… emotivamente accesa, primordiale e futuribile, vicina e lontana, astratta e concreta. L’umanità dell’artista pulsa nella presenza ma anche nella decisa assenza dai teatri di guerra a cielo aperto. Non ci sono sconti per nessuno, quel pennello dipinge con affilata saggezza per restituire la maschera satura, l’elastica vitalità del cinismo e del debito morale. Mare e terra si fanno corpo e sangue, ossa e muscoli, mentre porti e costruzioni maturano come patologie tumorali che fuoriescono tra degenerazioni silenziose e lampi di fuoco. Lo sguardo sceglie l’umanità nel suo doppio significato: come corpo sociale da una parte e come sentimento dall’altra, ridando la temperatura del dramma sotto una luce accecante che confonde, obnubila ed esaspera.
Umanità. Maschere. Luoghi… assieme diventano pittura di puro colore ed evidente personalità figurativa. Il modus operandi del nostro artista mostra carattere e coerenza, vi basti scorrere il libro per trovare i ritorni e le sottili evoluzioni progressive, il richiamo sui punti forti e il minuzioso lavoro di fino su certe debolezze giovanili. Vivere in Calabria significa dialogare con la luce in maniera mai ovvia, vedere i contrasti e le aperture improvvise, scivolando verso la Magna Grecia e il mare orizzontale, verso i vertici montagnosi e l’architettura controversa, verso il troppo pieno e il troppo vuoto. Sarà per questo che l’inquadratura è immediatamente un soggetto grammaticale, una dimensione emotiva che cambia umore e quindi angolazione. Occhio verso l’alto da una superficie in cui l’artista sembra strisciare silenzioso ma arrabbiato. Occhio verso il basso da un cielo in cui l’artista sembra volare silenzioso, leggero ma altrettanto arrabbiato. Le visuali si allargano o stringono senza una prospettiva univoca, si perde il centro tolemaico della scena e i cuori prospettici si moltiplicano, vanno da ogni parte come fossero incroci di sguardi inquieti, dubbiosi su dove fuggire o intervenire. La dimensione iconografica ha lo scatto mentale della regia cinematografica, chiara nel grottesco felliniano ma anche nelle panoramiche da Michelangelo Antonioni in “Zabriskie Point”, film non a caso “politico” e radicale per comprendere i linguaggi mentali del paesaggio contemporaneo. I cromatismi di Russo dichiarano riconoscenza ad un altro film di Antonioni, ovvero, “Deserto Rosso”, esegesi su celluloide per destare il colore nella sua libertà emotiva e cerebrale. Due patrimoni ereditari che accompagnano la memoria del quadro verso le preziose potenzialità di un altro futuro. Un domani tutto da riscrivere: attraverso l’azione che diventa nuova morale.
Oltre le tracce, dentro la pittura…
…nel cuore vivo del colore che diventa immagine.
E ricordate: a vincere sarà sempre la Natura.
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ALESSANDRO RUSSO "Umanità. Maschere. Luoghi."
17 APRILE 30 MAGGIO 2011
COMPLESSO MONUMENTALE DEL SAN GIOVANNI. CATANZARO.
Orari: da martedì a domenica dalle 09.30 alle13.00 e dalle 16.30 alle 20.00.
Ingresso gratuito. Visita per disabili.
Catalogo con testi di Gianluca Marziani, Domenico Piraina, Alessandra Redaelli, Luigi Tassoni, Rubbettino Editore.
La mostra è un progetto della Fondazione Rocco Guglielmo in collaborazione con la Galleria Antonio Battaglia, Milano.
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